mercoledì 10 luglio 2019

Cultura - Il personaggio / James Ellroy, scrittore americano

10 luglio '19 - mercoledì           visione post - 18


Hay-On-Wye  (Galles)
Pare un manichino molleggiato e fuorilegge, 
con la pelle, i pantaloni e la camicia fiorta di
un unico beige, e gli occhiali tondi  e intellet-
tuali. L'intervistatore Mark Lawson suda, be-
ve acqua. L'ospite americano  sale  sul palco
come una rock-star, domina l'affetto del pub-
blico con le sue braccia lunghe e secche ta-
gliandolo come un'onda, allarga le gambe e
inizia a leggere le prime pagine di This Storm,
il suo prossimo martellante romanzo già usci-
to in America e Inghilterra, in Italia arriverà
nella primavera del 2020 per Einaudi (ora in
libreria c'è Cronaca nera).  Ma intanto This
Storm, "la tempesta", non di Shakespeare
ma dell'indomabile 71enne James Ellroy,
seguito del precedente Perfidia per la serie 
The Second Los Angeles Quartet, è arriva-
ta qui in Galles, a Hay-On-Wye, quella del
celebre Hay Festival , "capitale del libro".
Ellroy è in gran forma ed essendo "cane in-
diavolato" (autodefinizione), ringhia dalla
sedia, quasi morde Lawson e professa che 
Chandler - cui viene spesso paragonato - è
"lo scrittore più sopravvalutato del canone
americano".     Il suo Philip Marlowe "era
soltanto il personaggio  che  voleva essere.
Mentre Dashiell Hammett, lui sì che mi pia-
ce: Sam Spade era colui che l'autore aveva 
paura di essere. Oggi adoro Daniel Silva per
la sua scrittura intelligente e lo sconosciuto
Kidnap di George Waller del 1961. E' una
bomba, leggetelo".  Risate e sdegno in sala,
che risalgono a quando l'intervistatore gli
rinfaccia un linguaggio vagamente "antise-
mita" nel nuovo romanzo, come il nome "di
Roosevelt ebraicizzato", ed Ellroy risponde
con un oscillante pugno onanista e versi be-
stiali. Poi argomenta: "Nessuna censura. Vorrà
dire qualcosa. Il linguaggio di This Storm è raz-
ziale perchè è legato a quell'epoca particolare,
agli anni Quaranta in Stati Uniti e Messico.
Che vi piaccia o meno io vivo nel passato. La
mia missione è darvi la segreta infrastruura
umana dei grandi eventi".  Quindi non permet-
tetevi di chiedere a Ellroy commenti sulla con-
temporaneità, sul futuro o peggio su Donald
Trump: "Per me la storia americana finisce
nel 1972 quando muore J. Edgar Hoover (il
primo direttore dell'Fbi, ndr)  e  scoppia  lo
scandalo Watergate". Ma perchè?  "Dopo
quei due eventi ho perso tutta la mia curio-
sità intellettuale nel presente".  E quindi il
densissimo e travolgente This Storm torna
al passato, si riallaccia al precedente  Perfi-
dia, al 7 dicembre 1941 di Pearl Harbour,
ai giapponesi internati in California, a po-
liziotti corrotti, ai nazisti americani, alla
criminale Los Angeles, a un caro vecchio
inferno "che si concluderà con l'ultimo ca-
pitolo del Quartetto ambientato nel 1945.

Risultati immagini per james ellroy"
James Ellroy

"Voi volete risucchiarmi  nella  vostra men-
talità del presente, ma non ci riuscirete mai. 
Non me ne frega niente: non guardo la tv o
le news, non ho un cellulare, possiedo solo
un fax. Posso solo dirvi che sono contro i to-
talitarismi, i fascismi e i comunismi, ma non
ci vuole tanto a capire dai miei libri  che so-
no dalla parte della libertà".  C'è Mussolini,
però, come epigrafe di This Storm: "Solo il 
sangue muove le ruote della Storia". Perchè, 
gli chiediamo nel backstage?    "Perchè l'ho 
sempre  considerato  una  figura  ambigua, 
dunque andava bene per i personaggi sfug-
genti del mio romnnzo". Ma è stato un  fa-
scista vero: "Vero, ma è sempre stato sotto-
messo a Hitler".  E perchè questo amore per 
la Storia?  Ellroy si confessa.  Primo: "Nel  
1956", un paio di anni prima che venisse stu-
prata e uccisa da ignoti, "chiedo a mia ma-
dre", cui poi dedicherà Dalia nera, "Mam-
ma, ma la Seconda guerra mondiale è anco-
ra in corso? Lei: "No, figliolo, è finita nel
1945". Ma io non le ho mai creduto. Senti-
vo che quella guerra era ancora viva. e po-
tentissima nella coscienza americana. Que-
sto è stato fondamentale per la mia imma-
ginazione. Poi quando i miei stavano per
separarsi, avevo circa 8 anni, nel nostro
appartamento a West Hollywood spesso
mi nascondevo in un armadio pieno di
vecchie riviste, articoli  sulla  Seconda 
guerra mondiale, libri sulla Guerra ci-
vile spagnola, e così la passione per la 
Storia mi è entrata dentro e mi ha in-
cendiato il cervello.  Poi la morte di mia
madre mi ha segnato parecchio, così hp
iniziato ad andare in biblioteca per die-
ci ore al giorno. Pian piano, ho scoperto
che nessuno aveva ancora scritto i libri
che volevo creare io". 
A Ellroy non piacciono i film tratti dai
suoi romanzi: L.A: Confidential, per e-
sempio, due Oscar nel 1997, "è profon-
do quanto una tortilla, non ha il senso 
drammatico dell'azione. Ma porta sol-
di e va benissimo: il denaro  è  l'unico 
regalo che non torna mai ibdietro".
Ma come bascono i suoi libri? "Ogni
mattina mi alzo con una voglia matta
di scrivere: adoro raccontare storie.
Per un romanzo preparo uno schema 
per dieci mesi, in cui faccio anche mol-
ta ricerca storica, la quale però è solo
un punto di partenza: poi invento io.
E ho una memoria fantastica: la scrit-
tura effettiva impiega circa quattro 
mesi.  Scrivo  a  mano, mai usato un 
computer per niente".
Lo stile: "Amo la narrativa compatta, 
lo slang americano, le allitterazioni,  il
suomo puro dello yiddish, il ghergo po-
liziesco, la concisione estrema. L.A. Con-
fidential, Dalla nera e Sei pezzi da mille
con i pazzi anni Sessanta hanno forgia-
to il mio stile in maniera decisiva. Sus-
cessivamente, ho svoltato  verso  una 

scrittura volontariamente più esplica-
tiva,, per avere più impatto emotivo, 
come Il sangue è randagio, Perfidia e
quest'ultimo This Storm.  Aggiungo e
tolgo parole in continuazione, fino a
quando non ho raggiunto la perfezio-
ne. Il ritmo viene rilegendo tutto sul-
le labbra ma anche ascoltando la grande
musica classica - adoro Beethoven, Wag- 
ner, Mahler e Bruckner - e un pò di jazz
e bebop".  "Perchè sono americano, mi 
piace tutto grande", ripete, "parafrasan-
do l'incipit di Saul Bellow e del suo gran-
de romanzo americano Le avventure di
Augie March:  "Sono un americano na-
tivo di Los Angeles - Los Angeles, quella
città fottuta - e nella vita me la sbrigo cvo-
me ho imparato a sbrigarmela da me: in
stile libero".

Lucianone

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