sabato 23 marzo 2013

Musica - Il jazz e la vita del soulman Gregory Porter

Parole di Porter:  "la musica non
si studia, si vive"     
e poi dice ancora "sono il settimo di otto figli, mia
madre era ministro della chiesa battista: ho sempre
cantato  /  da bambino sentivo  la mancanza di un
padre: allora ho immaginato che fosse Nat King Cole"
Il soulman afroamericano, in concerto in Italia, ha
Ha ottenuto le nomination ai Grammy negli Usa.  

 visione post - 1.432

(da 'la Repubblica' - 20/03/2013 - Giacomo Pellicciotti)
Sembra una storia di altri tempi la biografia di
Gregory Porter, il soulman afroamericano con
la voce ricca, pastosa e seducente che solo ora,
a 41 anni, può permettersi un tour mondiale dopo
una lunga e sofferta gavetta. Non è un diplomato
a pieni voti  del Berklee College of Music o di al-
tre quotate scuole simili, che è la regola oggi, ma
rappresenta l'emancipazione  da una vita dura e
difficile  iniziata  fin  da  bambino  seguendo la
mamma in chiesa per cantare gospel e spiritual,
come succedeva ai tempi romantici e tormentati
di Aretha Franklin e Ray Charles.


Una storia che Gregory, barba da profeta  e fisico
da ex giocatore di football americano, ci racconta
con parole e ricordi che gli escono dal cuore:
"Mia madre era un ministro della Chiesa Battista,
si chiamava Ruth.  La prima cosa importante che
ho capito seguendola in chiesa è stata l'importan-
za della musica nella mia vita. Per  me  le  prime
nozioni e i primi contatti con la musica arrivano
dalla chiesa. E' stato un processo naturale, nessu-
no mi ha spiegato  cosa  fosse  e  cosa dovessi fare,
era tutto così emozionante e direttamente connes-
so con la nostra cultura.  Mia nonna, mia madre,
tutti intorno a me usavano la musica per pregare
e chiedere la benedizione della tavola  e  tutta la
famiglia rispondeva cantando. La musica è sem-
pre stata  una parte fondamentale  della cultura
afroamericana. per me la musica è portatrice di
cose belle, è la più grande  forza  positiva nella
quotidianità delle persone.
 Gregory Porter è stato una delle sorprese più
gratificanti dell'anno, praticamente uno sco-
nosciuto in Italia fino a quando a  Orvieto,
durante  l'ultimo Umbria Jazz Winter  è di-
ventato, come "artista residente" del festival,
il beniamino del pubblico che andava ad ap-
plaudirlo ogni giorno.
Porter ha prodotto finora 2 album in crescendo,
nel 2010 'Water' e nel 2012 'Be Good', entram-
bi un mix di canzoni sue  e  di celebri standard
americani, tutti e due benedetti da una nomina-
tion ai Grammy Awards. L'autorevole trombet-
tista Wynton Marsalis lo ha definito "un fanta-
stico giovane cantante". Gli fa eco il 'New York
Times': "Gregory Porter ha molto di quanto vuoi
da un cantante di jazz maschile e una o due cose
che non ti aspetti".        Nelle foto e in concerto
indossa un passamontagna con visiera che non
si capisce se è un portafortuna o la sua coperta
di Linus.  -  Gregory continua il suo racconto:
"Sono il settimo di otto figli, cinque maschi e
tre femmine.  Tutti cantavano in chiesa, ma i
tre più giovani  facevano  un gruppo a sè che
viaggiava con la mamma. C'era sempre musi-
ca  a  casa mia, ma non ho  mai  frequentato
scuole di musica. Ho cominciato a viaggiare.
e a vivere cantando, a 21 anni, quando è mor-
ta mia madre". 
Porter deve molto  a  un suo amico di San Diego,
il sassofonista e produttore Kamau Kenyatta, che
gli ha svelato i trucchi e i segreti dell'arte di con-
fezionare canzoni. Ha anche prodotto i suoi due
dischi e  gli  ha  presentato  il  famoso  flautista
Hubert Laws che, nell'album HL remembers the
unforgettable  Nat King Cole, del 1998,  gli  ha
fatto cantare Smile di Charlie Chaplin.
In studio Porter ha conosciuto Eloise, sorella di
Laws, che lo ha aiutato a entrare nel cast voca-
le del musical It ain't nothin'  but the blues, un
grande successo di Broadway.
Il soulman ha molto sofferto l'assenza di una figu-
ra paterna. E' vero che anni fa ha eletto Nat Cole
come padre putativo? - "Ho davvero immaginato,
quando ero molto piccolo, che Nat King Cole fos-
se mio padre. Ho fatto quello che tutti i bambini
fanno quando hanno bisogno di una figura pater-
na di riferimento. E forse anche perchè una volta
mia madre, dopo avermi sentito cantare, esclamò:
"Ehi, Greg, canti come Nat King Cole".  E così
sono andato  a vedere  chi  era questo signore di
cui parlava lei".
Ma per Porter sono importanti anche i luoghi, i
quartieri, i vicini di casa. "Sono cresciuto a Los
Angeles in un quartiere nero e mi sono poi spo-
stato a Bakersfield, un quartiere dove erano tutti
bianchi, anche se continuavamo a cantare nella
chiesa  che  era  dall'altra  parte  della città nel
quartiere afroamericano" racconta.   "E' stato
bello crescere  a contatto  con persone apparte-
nenti a diverse comunità e sentirsi accolti bene
ovunque.  Oggi vivo a Brooklyn, New York, con
la mia giovane famiglia: mia moglie che ho spo-
sato    da circa un anno e un bambimo di pochi
mesi.  Passo molto tempo in tour, ma sono sem-
pre in contatto con loro via Skype. Brooklyn ha
un'influenza molto forte nelle mie canzoni.  Le
strade, il cibo, la comunità, gli odori, fa  tutto
parte della mia cultura. Sono nove anni che ci
vivo e ormai mi sento psrte integrante del quar-
tiere. A due isolati da casa c'è un ristorante ita-
liano che si chiama Celestino.   Il proprietario
italiano è abbonato ai vostri giornali  ed è im-
pazzito quando ha visto gli articoli che parla-
vano di me a Umbria Jazz Winter".
Gregory porter l'aveva promesso a Orvieto che
sarebbe tornato presto. Ed eccolo di nuovo in
concerto: questa sera (20 marzo 2013, ndr) sa-
rà all'Auditorium Parco della Musica di Roma, 
domani al Teatro Giotto di Viccio (Firenze),
il 22 al Donizetti di Bergamo e il 23 al Forum
di Bari. - D'estate sarà ancora ad, Umbria Jazz,
promosso sui palchi più prestigiosi di Perugia:
l'11 luglio ospite di Wynton Marsalis all'Arena
Santa Giuliana e il 12 luglio al teatro Morlac-
chi con il suo quintetto.




Lucianone

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