(da la Repubblica - 21 / 11 / '17 - di Vittorio Zucconi)
Lo chiamarono "Satana", ma Charles Manson era
soltanto un demente, colui che chiuse nel sangue il
decennio del sangue, gli anni '60 in America. Con la
mattanza di sette innocenti, più il feto di otto mesi
che la stupenda attrice Sharon Tate portava nel ven-
tre, sbudellati in un'orgia di atrocità consumata in
due notti d'agosto dalle sue erinni strafatte e dai suoi
seguaci, questo ometto di appena un metro e cinquan-
ta, figlio di nessuno e assassino di molti segnò un tem-
po che aveva sognato nei fiori e si sarebbe suicidato
nella violenza. L'atto finale di una lunga tragedia
americana, aperta dall'assassinio di Kennedy nel
1963, continuata negli omicidi di Martin Luther King
e di Malcolm X, trasportata fino ai campi della morte
indocinesi dove 58mila giovani soldati e milioni di
vietnamiti sarebbero morti non avrebbe potuto che
andare in scena nel mondo dello show business, del
cinema, della musica, dell'immaginazione, fra Hol-
lywood e l'Oceano Pacifico, a Beverly Hills.
Tutto, nel film dell'orrore che Manson e la sua "fa-
miglia", come lui definiva l'accozzaglia di sbanda-
ti, di scappate di casa, di profughi della Grande Il-
lusione Hippy, dei fiori e dell'acido, parla il linguag-
gio del cinema, l'eterna, feroce musa che attira ver-
so quelle colline attorno a Los Angeles tutto ciò ro-
tola verso l'Ovest. Il ranch dove aveva raccolto le
sue schiave e i suoi pochi zombie maschi era un
set di film Western abbandonato, appartenente a
un ottantenne, George Spahn, che aveva accettato
di ospitare Manson e i suoi seguaci in cambio di
un pò di manutenzione dei ruderi e di cura dei ca-
valli affittati ai rari visitatori. E di qualche servi-
zietto delle ragazze che il Guru maligno metteva a
sua disposizione. Come Lynette Fromme, che si
era guadagnata il nomignolo di "Squeaky", per-
chè squittiva ogni volta che il vecchio le pizzicava
le cosce. Nel 1975 sarebbe divenuta celebre per
avere sparato, senza colpirlo, al presidente Ge-
rald Ford, conquistandosi il carcere dove ancora
oggi vegeta.
Charles Manson nel 2014
Il cinema era naturalmente il mondo dove
Sharon Tate, l'incantevole moglie del regi-
sta Roman Polanski e attrice di non ecce-
zionale talento, viveva, in quella villa di Bel
Air, il meglio di Beverly Hills, ed era la sera
del 9 agosto 1969 quando le tre ragazze e
l'uomo incaricati da Manson di compiere il
massacro rituale dei "Pigs", dei porci, la tro-
varono, insieme con un parrucchiere delle
dive, uno sceneggiatore amico di Polanski e
la moglie, una ricchissima ereditiera e il fi-
glio del giaediniere, un ragazzo di 18 anni
che stava lasciando la casa. Polanski era
lontano, in Europa, per promuovere il suo
film più celebre "Rosemary's Baby" e la
mattanza fu facile per quei quattro cavalie-
ri di morte. con la "calibro 22" che sarà
trovata giorni dopo, con i coltelli, uno dei
quali sarebbe stato recuperato dagli inve
stigatori, infierendo sui vivi e sui loro ca-
daveri, torturandoli, sventrando Sharon e
la sua creatura. La Tate, che si era offerta
come ostaggio per salvare la vita degli al-
tri, morì sotto quindici coltellate, mormo-
rando "Mother... mother...". Il suo sangue
fu usato per scrivere "Pig", maiale, sulla
porta di casa per lasciare "un segno da
streghe", come Manson aveva ordinato.
Era la realizzazione di quel progetto di
"Helter Skelter", di caos, che Charles
Manson diceva di avere scoperto nelle
liriche, nei suoni violenti, nel rock inu-
suale del pezzo che Paul McCartney
aveva scritto per i Beatles, perchè anche
la musica, come il cinema, avvolgevano
la sua follia. Aveva conosciuto, frequen-
tato e inciso con il batterista degli allora
adorati Beach Boys, Dennis Wilson, per
il quale aveva scritto un pezzo, "Non di-
simparare mai ad amare", ma il suo pro-
getto politico era scatenare la guerra dei
bianchi contro i neri, di eliminare i più
deboli per meglio distruggere gli afro a-
mericani, nel segno del suo neonazismo
che avrebbe inciso con la punta di un
coltello sulla fronte, nel segno della sva-
stica.
Nel bis offerto la sera successiva, il 10
agosto, di nuovo la strana allusione al
cinema sarebbe tornata, in una coinci-
denza che avrebbe più tardi solleticato
l'immancabile "complottismo" genera-
to da ogni delitto sensazionale.
Lucianone