mercoledì 21 ottobre 2015

Musica - Kurt Cobain e il suo mondo... sconosciuto

21 ottobre 2015                                                                                 visione post - 46


V O C E    N U D A
Canzoni e parole: 
il mondo sconosciuto di Kurt Cobain

( da la Repubblica - 12/ 10/ 2015 -   R2Spettacoli - Gino Castaldo / Roma)
Giusto? Sbagliato? Come reagire di fronte alle
ripetute uscite di materiali privati, inediti rimasti
nel cassetto, invisibili, anzi in questo caso inaudi-
bili per chiunque non fosse nella stretta cerchia
dell'artista? Se poi l'artista in questione si chiama
Kurt Cobain, la vicenda è ancora più scottante.
Già il documentario Montage of heck, di Brett Morgen,
ci aveva restituito un ritratto folgorante e poco filtrato
del geniale rocker, grazie all'accesso, concesso dalla
famiglia, a materiali privati mai visti prima. Scene di 
vita casalinga miste a pezzi di concerto, chiacchiere,
disegni, diari. Ma se il documentario ha stabilito uno
standard per così dire particolarmente intimo (perfino
criticato per aver mostrato scene così incredibilmente
private della vita di Cobain), la versione discografica
del progetto, ovvero Montage of heck: the home recor-
dings (che sarà in vendita dal 13 novembre in doppia
versione, standard con 13 pezzi e deluxe con 31 e che
qui presentiamo in anteprima) con le sue storture, le
distorsioni, i rumori, i parlati, sembra  ancora  più
spudoratamente intima, una visita privata  in quel
riservato mondo  che Cobain costruiva  quando  si
trovava da solo davanti a un registratore domestico
e provava, storpiava, rifaceva pezzi di musica, idee,
una fotografia senza filtri dell'artista nel suo più ri-
servato momento creativo.
Giusto? Sbagliato? Difficile a dirsi, ma è pratica-
mente impossibile rimanere insensibili di fronte a
queste impudiche fotografie sonore di quel giova-
ne dalla faccia d'angelo destinato suo malgrado,
quasi per sbaglio, a diventare il recalcitrante eroe
di un'intera generazione. I Nirvana apparvero al-
l'improvviso, come un imprevisto ciclone intitola-
to Nevermind (1991) che riaccendeva passioni rock
e portava  alla massima espansione  quel termine, 
"X generation", inventato per definire quel sapore
di nulla che  colorava gli orizzonti sociali  dopo il
crollo di certezze e ottimismi seguito al baby boom
degli anni Sessanta e Settanta. 
Le musiche di Montage of heck  raccontano  com'era
Kurt Cobain a casa, senza veli, senza tutto quello che 
poi nei passaggi successivi diventava dischi, spettaco-
li, apparizioni pubbliche, riaprendo vecchie ferite, ri-
svegliando quel traumatico senso di perdita lasciato
dopo l'insensato  e  folle suicidio, scoperto  a Seattle
l'8 aprile del 1994.  Cobain  aveva  27 anni, in linea 
con una fosca e maledetta tradizione che ha falciato
alcuni  tra i migliori protagonisti  della rivoluzione
del rock.

 
Il materiale è spaventosamente grezzo, disperata-
mente autentico, come nel caso della versione ori-
ginale di Sappy, un pezzo da culto che ha una sto-
ria molto singolare, e che   in   questa  obliqua  e
sghemba raccolta possiamo ascoltare così com'era
nata nella mente di Cobain. - Sappy è considerato
uno dei classici mancati dei Nirvana con infiniti e 
mai soddisfacenti tentativi di metterla a punto, e
pur essendo stata scritta intorno al 1987 (il demo
presente nel disco dovrebbe risalire a quel perio-
do) Cobain non era mai soddisfatto della resa in
studio  e  fu scartata all'ultimo momento  anche
dalla scaletta di In utero, per essere pubblicata 
come traccia fantasma non accreditata  in una
compilation. Il che  non ha impedito  ai fan  di 
impadronirsi del pezzo, di amarlo perdutamen-
te, al punto che veniva chiesto con insistenza ai
concerti. Come accadde anche in Italia, nel feb-
braio del 1994 poco prima della scomparsa  di
Cobain. Il pubblico chiedeva a gran voce Sappy
e Krist Novoselic, il bassista dei Nirvana, chiese
al pubblico dove l'avessero sentita, come faces-
sero a conoscerla.  -   In Montage of heck c'è la
scarna, essenziale versione originale del pezzo,
particolarmente emozionante.  Altre chicche, 
una  The yodel song dove Cobain gioca con li-
beri deliri vocali, vecchie demo di rarità come
Been a son o Clean up before she comes, Scoff,
e un fantastico medley di tre pezzi che termina
con la prima originale versione di Something 
in the way. Più puri esperimenti di rumore elet-
trico, montaggi bizzarri, un lungo monologo fi--
nale di voce e chitarra intitolato Do Re Mi.
Nelle registrazioni lo ascoltiamo mentre distor.
ce la sua chitarra, delira, urla, canta, racconta,
gioca con una cover dei Beatles, And I love her,
mette giù  frammenti di pezzi  che  in qualche
caso sono diventati brani ufficiali dei Nirvana,
compone collage sonori col suo quattro piste. 
Ed è lui, lui solo, intimo e disastrato, un nau-
frago aggrappato a una chitarra per non es-
sere sommerso da un oceano di sofferenza.


Lucianone