martedì 29 gennaio 2013

Lo scrittore americano Shalom Auslander: grande irriverente

Se Anna Frank fosse viva...               visioni post - 68
E' una di quelle cose assurde, fantastiche che
però da ragazzo, quando avevo cominciato a leggere
il suo Diario, avrei sempre desiderato si realizzasse,
per parlarle come a un'amica e confidarle tanti miei
pensieri e magari angosce e chiaramente anche le
gioie, felicità, desideri e altro ancora: insomma a
dire la verità quasi come a una fidanzatina.
Lo scrittore ebreo Auslander ha scritto l'anno
scorso  un  libro, dove immagina  la ragazzina
olandese ancora viva, ma nella campagna new-
yorchese, dove è ancora nascosta a trascorrere
la sua vecchiaia .
(Lucianone)

Shalom  Auslander,
un ebreo scandaloso (lui stesso
lo dice di sè), che racconta la
vecchiaia di Anna Frank
nel libro "Prove per un incendio"
La giornalista Susanna Nirenstein
intervistò lo scrittore americano
nel febbraio del 2012.
(da 'la Repubblica' - 8/2/2012  -  Susanna Nirenstein)
Beh, Anna Frank viva e decrepita nascosta in una
soffitta nelle campagne newyorchesi del 2011, che
vuol solo mangiare azzime e scrivere un nuovo ro-
manzo pari al suo celebre Diario (32 milioni di copie!
non  fa  che  ripetere) era  difficile  da  immaginare. 
Non c'è limite all'irriverenza dell'americano Shalom
Auslander, classe 1970.
Dove ci vuol portare dopo 'Il lamento del prepuzio',
in cui si faceva beffe rabbiose del terrore per l'Onni-
potente che gli aveva inculcato la comunità ebraica
ultraortodossa di Monsey, Brooklyn?   Dopo i rac-
conti di 'A Dio spiacendo', che rappresentavano il
Padreterno  addirittura  come  un immenso pollo?
Il tiro  questa volta  è  ancora più affilato, perchè 
con 'Prove per un incendio' (Ediz. Guanda/traduz.
di Elettra Caporello),  il terribile Shalom vuol di-
pingere, per quanto  annegata  nello  humour  e
nell'azzardo, l'immagine che ha di sè stesso e de-
gli ebrei contemporanei, uomini e donne braccati
dalla storia.
Il protagonista del romanzo è Salomon Kugel. E'
lui che è andato a vivere in una villetta a Stock-
ton, un non luogo dove non c'è  e non è mai suc-
cesso  niente, niente di niente, con la speranza,
sottolineamo "speranza"  di  ripartire  da capo
con la moglie Bree e il figlio Jonah, senza il pe-
so del passato (ma non è proprio quello che ha
fatto davvero Auslander con la consorte e due
figli?).  Nei dintorni si aggira un piromane che
dà fuoco alle fattorie della zona, ma per ora non
sembra così minaccioso.  Con i Kugel c'è anche
la madre di Salomon però, una signora che sem-
bra sempre sia lì lì per morire, ma in realtà resi-
ste e tormenta tutti perchè si racconta di essere
una sopravvissuta della Shoah, anche se è nata
e cresciuta a New York.    Convivenza difficile,
soprattutto quando Kugel scopre che in soffitta
si nasconde Anna Frank!
















Anche Philip Roth l'aveva risuscitata in un romanzo
(The Ghost Writer), ma per svelare a un certo punto
che era solo una fantasia.    Qui invece è viva, brut-
tissima, arrogante, un mucchio di cenci che si è sal-
vato da Bergen-Belsen, mantenuta per decenni dal
precedente abitante della villetta, un tedesco pieno
di sacrosanti sensi di colpa. Ora, figuriamoci se una
famiglia di ebrei può disfarsi di una sopravvissuta,
e che sopravvissuta, l'icona stessa dello sterminio,
"Miss Olocausto" come si definisce lei stessa! Sa-
rebbe come buttare fuori di casa Wiesel, si dicono
Kugel e sua madre. Le cose poi vanno come van-
no, non bene, lo leggerete, e in fondo si può  dire
che il libro sia quasi uno sfrontato (e amarissimo)
trattato filosofico svolto per assurdo sulla vita do-
po il Genocidio. Meglio porre qualche domanda a
Shalom.
S. Nirenstein: "Era proprio il caso di infrangere un
tabù come Anna Frank?"
S. Auslander: "Ho avuto un'educazione molto reli-
giosa. Il risultato è che mi piace peccare.     E' una
delle cose che faccio appena posso. Scrivo per tra-
sgredire. Se in una storia non c'è un peccato, non
la porto avanti. Detto questo, in Prove per un  in-
cendio il punto più scandaloso non è Anna Frank, 
che nonostante  l'età e il carattere  ne vien fuori
abbastanza bene, ma l'idea  che  la  speranza sia
un errore. Tutti la coltiviamo anche se non abbia-
mo nient'altro. E se fosse uno sbaglio?".
S. Nirenstein: "Dopo ci torniamo. Ora il fatto è che lei
non prende di mira solo l'icona Anna Frank, ma l'Olo-
causto e la sua memoria, e la paura, lei direbbe l'osses-
sione, di una nuova Shoah, per di più scherzandoci so-
pra.
S. Auslander: "Non c'è niente di buffo nel genocidio,
salvo  che  ne accadono  continuamente, anche se ci
sbracciamo a dire "mai più". E' questo di cui rido, e
su cui mi interrogo: come si va avanti sapendolo?
Come possiamo parlare ai nostri figli del futuro, del-
l'uomo? A me da ragazzo è stato detto  che la gente
mi avrebbe odiato  perchè  sono  un ebreo.  Forse è
vero.  O forse è peggio,  forse la gente mi odia per-
chè odia. Tutti".
S. Nirenstein: " Nei suoi promo per il romanzo . ma
anche il protagonista Kugel agisce allo stesso modo -
lei chiede  a tre amici  se la nasconderebbero in sof-
fitta se ci fosse un'altra Shoah. Lei lo fa con humour
ma è vero che  ogni ebreo  si chiede   quale  dei suoi
conoscenti gli darebbe rifugio nel caso.. Kugel è lei?
Le vostre paure sono le stesse?"
S, Auslander: "Kugel c'est moi, sì. Ma sono anche
Anna Frank, e anche la mdre di Kugel. Ognuno af-
fronta la paura in modo diverso: la mamma crede,
come molti, che la paranoia  sia la miglior difesa -
se vediamo odio dovunque possiamo evitare che ci
venga addosso; tipo l'America  post 11 settembre.
Anna Frank  si sente meglio  in soffitta, nascosta,
senza vivere.  Kugel spera di poter far ripartire la
storia, ricominciando da capo; non vuol raccontare
niente a suo figlio.    Pensa che se suo figlio dovrà
morire in una camera a gas, meglio garantirgli 30
anni senza camere a gas per la testa. Hanno tutti
ragione, e io non so quale ù la risposta. Sospetto
che non ce ne sia".
S. Nirenstein: "Kugel è come Giobbe, una disgra-
zia dopo l'altra. Pensava a lui mentre scriveva?"
S. Auslander: "La storia di Kugel procede passo
passo con quella di Giobbe. Perde la casa, la mo-
glie, il figlioi, la salute.  Non l'avevo deciso da pri-
ma, ma man mano che le cose andavano male, ho
capito che era un racconto di Giobbe, solo che lui
era tormentato da Dio, mentre Kugel si tormenta
da solo".
S. Nirenstein: "Anche Kafka l'ha influenzata"
S. Auslander: "Sì, la storia di Anna Frank è quasi
quella della Metamorfosi  all'incontrario:  non dal
punto di vista di gregor Samsa, ma in modo simpa-
tico con chi si trova a vivere  con uno scarafaggio
gigantesco in casa. Quell'insetto è un casino: cer-
to, un tempo era  loro figlio  ma  sicuramente non
sta per guarire, e la famiglia  vorrebbe  vivere la
sua vita, no?  Come i Kugel davanti a Anna Frank.
E'  un  peccato - sfottere una storia sacra  come 
quella di Kafka, rovesciarla. Quindi ottimo."
S. Nirestein: "E'  un romanzo  sull'inutilità  della
speranza. Un messaggio pesante. Lei vive senza
speranza?"
S. Auslander: "Non lo so. Sper, ma mi fa soffrire.
Non spero e divento triste. Che fare? E la storia
non migliora le cose. La storia è un peso. Diciamo
sempre che impariamo dal passato, ma se si ripe-
te, ovviamente non impariamo niente.    Forse la
speranza è male.  Forse dimenticare è meglio di
ricordare. Io lancio questi pensieri contro il muro
e guardo come vanno in pezzi."
S. Nirestein: "E come vuole insegnare il passato
ai suoi due figli?". (E' quello che Kugel si chiede
tutto il tempo)
S. Auslander: "In larga parte scrivo per risponde-
re proprio a questa domanda. Mi aiuta a pensarci.
Da bambino  mi fu detto  che tutti odianogli ebrei,
che ero un dead man walking. Non voglio dire ai
miei figli che l'uomo è un'adorabile creatura. Gli
racconterò che ci sono buone probabilità di venire
feriti, picchiati o uccisi. Non perchè sei un ebreo,
però. Ma perchè sei una persona. Non farne una
questione personale, piccolo."
S. Nirestein: "Si può scherzare su tutto?"
S. Auslander: "Sì".


Lucianone