(da la Repubblica - 21 marzo '18 - di Simone Mosca)
ALDA MERINI: una tempesta
di primavera
Aveva 16 anni, quindi doveva essere il 1947. A chi
ne conosceva l'orgoglio da grande seduttrice, con
un sorriso satiresco raccontava che la primavera
di quell'anno ebbe una breve fuga d'amore, forse
il primo vero batticuore. Durò qualche giorno,
scappò concupita da un uomo "brutto, simpati-
co ma molto imtelligente", di 11 anni più grande.
Lui era Giorgio Manganelli, lei Alda Merini, poe-
tessa che ann i dopo il breve firt, al Manganelli
famoso scrittore dedicò una poesia. "I tuoi libri
sono là, mio caro amico/hanno distanze che so
solo io". Si puù leggere il verso in una teca pie-
na di dattiloscritti autografi. In un'altra che
raccoglie prime edizioni, è datata 1999 Vuoto
d'amore , Einaudi. Reca in copertina versi più
noti che servono a dare il senso alla giornata.
"Sono nata il ventuno di primavera/ma non
sapevo che nascere folle,/aprire le zolle/potesse
scatenar tempesta". La libreria Pontremoli, che
Merini frequentò nella storica sede sui Navigli
e che da un anno e mezzo si è trasferita in zona
Bocconi, dedica una mostra alla poetessa nel
giorno in cui festeggere bbe l'87esimo complean
no. L'inizio di primavera, la giornata mondiale
della poesia. La mostra si intitola "Letto divino",
come uno dei di micro libri firmati per le Edizio-
ni Pulcinoelefante. E' un'opera da un solo afori-
sma: "Il mio letto è una zattera che corre verso
il divino". I volumetti stampati con l'amico Ca-
siraghy sono una delle sezioni della mostra. Al-
le pareti sono sistemate 40 fotografie di Giusep-
pe Nicoloro che ha seguito Merini a partire da-
gli anni '80. Vanno dalle consuete pose contur-
banti ambientate sul letto agli studi Mediaset
dove sta per andare in onda con Chiambretti.
In mezzo epifanie. Come un'indecifrabile se-
rata a teatro dove, pur di scortarla, a braccet-
to sgomitano Roberto Vecchioni, Gianfranco
Ravasi e Cesare Romiti mentre lei sfodera un
ghigno luciferino da domatrice. Ma il suo ge-
nio naturale aveva davvero il potere di amma-
liare, un dono che negli ultimi anni purtroppo
si rivelava soltanto a voce. Non scriveva
di persona, doveva dettare, e allora cercava
in fretta al telefono qualcuno cui confidare la
poesia che le sgorgava al momento. La dote
più preziosa di rarità, alla Pontremoli, è an-
che per questa ragione la raccolta di scritti,
a partire da quelli giovanili. Quando, notata
notata dal critico Giacinto Spagmoletti che
la inserisce in un'Antologia della Poesia ita-
liana contemporanea nel '50, oltre a Manga-
nelli finisce a dare del tu a Montale, e so-
prattutto a Quasimodo. Frequentato per 3
anni dal '50, è del 53 l'Odissea tradotta da
Quasimodo che la regala alla giovane col-
lega. La dedica è "in amicizia". Merini in-
soddisfatta due pagine dopo risponde con
una ben più esplicita frase rivolta al vene-
rato maestro. "Vorrei che il tuo sguardo...".
Molte sono le lettere spedite a Vanni Schei-
willer, editore della raccolta d'esordio La
presenza di Orfeo, '53, e poi di tante altre.
Nelle quali non entrò un numero conside-
revole di opere, come si vede dai "No" con
cui Scheiwiller scartò decine di proposte.
Fogli che si possono considerare inediti.
Sempre il '53 è l'anno in cui Merini sposò
il primo marito Ettore Carniti, panettiere,
iniziando nel frattempo a scriversi, ma per
ragioni professionali, con quello che diven-
terà il secondo, nel 1984, il medico e poeta
tarantino Michele Pierri. Due passaggi al-
l'altare, tre figli dal primo matrimonio. In
mezzo gli abissi intermittenti dei ricoveri.
Una vicenda che si ritrova nelle fotocopie
che Merini, negli anni più difficili, orfana
di editori. montava in forma di libro e
vendeva a mano. O nei versi composti nei
periodi che trascorreva a casa, in vacan-
za dal manicomio dove sapeva l'avrebbero
rimandata: "Il mio dottore sa che piango/
ma non se n'è disperato".