La più importante manifestazione estiva
nella città scozzese fino al 31 agosto
Tra cartellone ufficiale e Fringe, in questa
edizione abbondano gli spettacoli ispirati
al conflitto mondiale.
(da 'la Repubblica' - 17 /08/'14 - CultSpettacoli /
Rodolfo Di Giammarco)
A Edimburgo si raccontano
le guerre di ieri e di oggi
In che rapporto sono arte e società a Edimburgo,
la più ampia piazza estiva mondiale di performance?
A 32 giorni dallo storico voto pro o contro l'indipen-
denza scozzese del 18 settembre non c'è granchè
segno di sfide tra secessionisti (tipo Sean Connery)
e unionisti (tipo Judy Dench e Mick Jagger) nelle
affollatissime strade, nei sempre gremiti teatri del
Festival Internazionale e nella calca popolare e gio-
vanile di sale e spazi del Fringe Festival.
La competizione più sentita è un'altra e sembra già
essere vinta: ormai la creatività, il motore di ricerca,
la presa generazionale, le presenze e gli oltre 1000
spettacoli di scena parlata/fisica e di danza del
Fringe (mercato libero del nuovo, con alcuni decisi-
vi teatri leader, vedi il Traverse) alimentano un fe-
nomeno che spesso fa più clamore della vetrina in-
tellettuale - priva dell'equivalente dei nomi di culto
di anni fa - del Festival, il cui direttore australiano
Jonathan Mills passa le consegne per il 2015 al
al connazionale Fergus Linhean. Ciò non toglie che
molti fari si siano accesi sulla prima guerra mondia-
le e le guerre in genere, argomento caldo di questi
giorni.
Allora va detto di "The War" che, al Festival, è un
mosaico di rapsodie ad opera del regista (finalmen-
te) russo Vladimir Pankov alla guida della compa-
gnia moscovita SounDrama Studio. Lavoro fonda-
to su scritture di Richard Aldington e di Nikolai
Gumilyov, con dichiarati richiami all'Iliade, si trat-
ta d'una epopea virtuosistica, raffinata, idealistica,
anche brechtiana e catastrofica, che prte da un Go-
ta parigino del 1913 (con grnde lampadario a terra)
per misurarsi poi con i traumi bellici. Splendide im-
magini, con un'estetica primeggiante sull'etica.
A dare più peso a una morale irrisolvibile della vio-
lenza e a propendere per tecniche sperimentali ci
pensa, con un titolo a contrasto, "Small War" del-
l'olandese Valentin Dhaenens che al Fringe, al Tra-
verse Theatre, emoziona compostamente con un
uomo/nurse evocante pazienti incurabili o morti in
video, con parole che vanno da un discorso di Atti-
la a una testimonianza di una vittima recente in Af-
ghanistan. Il discorso guerresco del Festival ha in
serbo anche l'apologo "Ganesh versus the Third
Reich" dove la compagnia australiana Back to Back
mostra simbolicamente un elefantiaco dio Hindu che
reclama a Hitler (con sagoma alla Cattelan) l'esclu-
siva del proprio emblema di culto trasformato dai
nazisti in svastica, ma essendo quattro quinti del
cast composti da attori disabili, colpisce più di tutto
l'accusa rivolta alla platea "Siete venuti qui per ve-
dere uno freak show".
Sempre al Festival, strizza l'occhio alla Scozia la tri-
logia storiografica umanizzata "James I, James II
e James III" di Rona Munro, un totale di 7 ore e
mezza (coprodotto da National Theatre of Scotland
e National Theatre of Great Britain), che trasforma
in arena l'impianto, con banchetti, battaglie, talami,
parlamenti e omicidi dal 1421 al 1488, stile fiction,
potenti interpreti, e una magistrale Sofie Grabol.
Ma il conflitto più duro, il Festival lo propone nel-
l'installazione "vissuta" Exhibit B di Brett Bailey,
con una mostra impressionante di occhi mobili
sgranati da performer di colore in una galleria di
gabbie e orrori di cui è responsabile l'Occidente,
nei panni di gente castrata o di detenuti morti nei
respingimenti su moderni aerei. Da parte sua, il
Fringe concentra in modo autorevole il top della
minaccia e della mostrificazione delle guerre vir-
tuali future (smascherate da Edward Snowden) in
Light di George Mann, dove il controllo dei cer-
velli è questione di schegge di luce applicate o e-
stratte dalla testa, nel buio più assoluto: una mac-
china inimitabile, formidabile, deprecabile.
Lucianone
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