sabato 19 settembre 2020

CULTURA / Letteratura tardoantica: Massimiano e i suoi distici

 19 settembre '20 - sabato               visione post - 20

(da 'ALIAS' / manifesto - 14 settembre '20 - di
Alessandro Fo)
                  
MASSIMIANO
Eros e vecchiaia; conflitto morale
per l'ultimo elegiaco: il tema del-
l'amore carnale in epoca cristiana

E' nobile iniziativa che una collana prestigiosa come quella
della fondazione Lorenzo Valla metta a disposizione di un
vasto pubblico, e con ampio supporto di apparati, un testo
"raro", e ricco di fascino, come il corpus di Massimiano.
Si tratta di un caso letterario per molti aspetti misterioso,
cosa che ha sollevato una ridda di divergenti interpreta-
zioni, e l'edizione a cura di Emanuele Riccardo D'Aman-
ti (Elegie, Mondadori, pp. CX-414) consente ora un'age-
vole esplorazione di questo singolare 'microcosmo'.
La tradizione manoscritta ci consegna sotto il nome di
Maximianus un corpus in distici elegiaci di quasi sette-
cento versi, che, composto - pare - in ambiente italiano
e intorno alla metà del VI secolo, sviluppandosi nel sol-
co della tradizione elegiaca romana tratta in chiave au-
tobiografica argomenti amorosi. Ma, vistosamente in-
novando, ne trasferisce  il  punto  di osservazione  in 
quella zona forzatamente liminare che è l'estrema vec-
chiaia. La persona loquens afferma  di vivere una sta-
gione di devastante decrepitezza, di cui piange a lungo
le afflizioni, non ultime quelle che precludono le gioie
dell'eros. E' stato ipotizzato che Maximianus sia da in-
tendersi come un 'nome parlante', volto a evocare ap-
punto un'età assai avanzata.  In assenza  di maggiori
punti d'appoggio, si continua ad assegnare  a questo
bizzarro elegiaco  il nome di "Massimiano"  con cui
l'ego compare fra i suoi versi (IV 26: "canta: Massi-
miano ama una cantante), e aritenerlo "nato attorno
al 490 in Etruria" in una famiglia di rango, e "mor-
to poco dopo la metà del VI secolo", abbastanza a 
ridosso della 'pubblicazione' delle poesie.
Con Aquilina come Piramo e Tisbe
Dalla sua condizione di vecchio ormai consunto e
sull'orlo della tomba, il poeta si volge  a ricordare
il proprio passato galante. Una prima lunga elegia,
rimpiangendo i giovanili splendori, presenta soprattutto
tutto una dettagliata rassegna  delle attuali deprivazioni
e sciagure. Vi si collega strettamente la seconda. in cui
il poeta lamenta che, a causa della sua decrepitezza, sia
venuto a cadere il pur lungo legame con Licoride. Ora,
Lycoris è il criptonico con cui aveva cantato la propria
donna  Cornelio Gallo, ritenuto il fondatore dell'elegia 
erotico-soggettiva a Roma.  Questo mi sembra già se-
gnalare come l'autore proponga il suo disegno attraver-
so il filtro di una spiccata letterarizzazione.

Lucianone


lunedì 24 agosto 2020

MUSICA / Jazz e oltre - Il trombettista Don Cherry e l'album postumo "Om Shanti Om"

 24 agosto '20 - lunedì              visione post - 21

DON CHERRY
Oltre il jazz, 
verso un radicale neofolclore
universalistico e multiculturale

"Om Shanti Om",
l'essenza meravigliosa di un'epoca.
L'album postumo ricavato da un incontro
con il musicista in una trasmissione Rai
del 1976

(da 'il manifesto' - 9 agosto '20 - Marcello Lorrai)
Da diversi anni è reperibile su Youtube Incontro con Don 
Cherry, un programma in bianco e nero a cura di Franco
Fayenz realizzato dalla Rai nel 1976: Cherry risponde ad
alcune domande, e cantando e suonando pocket trumpet,
flauto e donso ngoni (strumento a corde delle confrater-
nite dei cacciatori in Mali e Guinea) si esibisce col suo
gruppo di allora, un quartetto  con  la moglie  lappone
Moki Cherry al tanpura, il brasiliano Nana Vasconcelos
al berimbau, alle tabla e ad altre percussioni, e l'italiano
Gian Piero Pramaggiore alla chitarra acustica e al flauto.
Lo studio è allestito con i bellissimi arazzi di stoffa di 
Moki Cherry, che fanno da fondale al concerto: tra gli
altri si riconosce quello - con scritto "Om Mani Padme
Hum", uno dei più popolari mantra del buddismo tibe-
tano - che è stato riprodotto sulla copertina dell'album
di Cherry Brown Rice.   All'inizio della performance
Cherry, che indossa un abito pittoresco, indica su un
drappo alle sue spalle un altro mantra, "Om Shanti
Shanti Shanti Om": è l'invocazione ("shanti" in san-
scrito significa "pace") con cui comincia il brano che
apre lo speciale. Nell'ultimo pezzo compaiono anche
Neneh Cherry, all'epoca dodicenne, che suona dei so-
nagli e partecipa al coro, e Eagle-Eye Cherry, sette
anni, che canticchia e percuote uno degli strumenti
di Vasconcelos, e ad un certo punto Neneh, Moki e
Don lasciano i loro posti e coi loro abiti esotici si
mettono a ballare in primo piano.
Ora i tre quarti d'ora di musica di Incontro con Don
Cherry sono diventati un album, Om Shanti Om,
pubbicato  (in vinile e cd)  dall'etichetta italiana
Black Sweat Records, che ha ottenuto di accedere al
master originale della Rai.  Non è un pò paradossale
ricavare da un documento del genere un album?
A maggior ragione se si tiene conto della forte com-
ponente visiva dell'arte di Don Cherry di quel perio-
do: gli arazzi, che venivano installati  sui palchi  su
cui Cherry si esibiva; la musica eseguita per lo più
da seduti, accovacciati per terra, ad accentuare il 
senso di una pratica comunitaria, e di una dimen-
sione cerimoniale, più che di concerto; la stessa
intestazione "Organic Music Theatre" sotto il qua-
le il gruppo di Cherry in quella fase si presentava:
con moglie e figli piccoli sotto i riflettori pareva
una generosa declinazione - ricordiamo una fol-
gorante esibizione al festival del jazz di Alassio
del 1973, con Neneh e Eagle-Eye anche loro sul
palco - dell'antico anelito  delle avanguardie  al
superamento della separazione tra arte e vita.
Senza neanche dire  del magnetico candore di
Cherry in scena, della bellezza del suo viso, della
dolcezza ieratica del suo modo di fare.
No, non è affatto paradossale. Perchè se questi a-
spetti non erano gli ultimi fra i motivi della sugge-
stione dell'arte di Don Cherry di allora, e se la sua
proposta aveva una forte pregnanza nel suo insie-
me, Om Shanti Om ci porta a focalizzarci sull'a-
scolto, e a constatare che a prescindere dai deli-
ziosi teatrini, al netto di tutto il resto, la musica
di Don Cherry di quei tempi bastava e avanzava
di per sè, e mostrava anche tutto un suo rigore.
Don Cherry, Münster, 1987
 
Dagli ultimi anni Sessanta Cherry  era uscito da un ambito
ambito esclusivamente jazzistico  e  aveva sviluppato uno
straordinario nomadismo  estetico  e culturale, anche alla 
ricerca di un più sereno equilibrio esistenziale. Quella dei
gruppi  con cui Cherry  negli anni Settanta si indirizzò più
risolutamente in questa direzione è la parte della sua pro-
duzione  che - se non lasciò indifferenti tanti giovani sen-
sibili ai temi della controcultura - è stata più sottovaluta-
ta o decisamente disprezzata dalla critica ufficiale. ed è
anche non abbastanza documentata. Prima di Om Shanti
Om nessun album testimoniava  per esempio  di questa
formazione ridotta all'osso che rappresenta uno dei mo-
menti di più drastico allontanamento di Cherry - al di là
di qualche intervento alla pocket trumpet -  dalla logica
e dall'estetica del jazz, a favore di un radicale, visiona-
rio, sognante neofolclore universalistico, multicultura-
le che anticipa prepotentemente la world music dei de-
cenni successivi: e poca della world music che ha poi 
praticato l'incontro di culture diverse lo ha fatto con
la poesia e la limpidezza  che rendono questa musica -
che rappresenta meravigliosamente un'epoca - ancora
così attuale.

Om Shanti Om (Vinyl, LP, Album) copertina d'album

Lucianone