martedì 19 gennaio 2016

VIAGGI / Libro - Con John Steinbeck in viaggio attraverso l'America

Il giornalista olandese Geert Mak 
ha ripercorso 50 anni dopo
lo stesso itinerario che l'autore
di "Uomini e topi" 
raccontò in un libro

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visione post - 57

(da la Repubblica - 14/03/2015 - R2Cultura - Enrico Deaglio)
STEINBECK
Viaggio in America senza Furore
A riprova che non esiste letteratura americana senza
politica; e che non esiste politica senza narrazione; e
infine che tutto è in America un incessante viaggio di
moltitudini di persone, la cronaca ci da continui esem-
pi. Decisamente alto, quello di pochi giorni fa a Selma,
piccolo paese dell'Alabama, dove un Obama in cami-
cia, tra le sue figlie adolescenti e vecchietti in carroz-
zella, è tornato a marciare, calpestando l'asfalto  di
un brutto ponte costruito nel 1940. Il ponte Edmund
Pettus (dal nome - mai cambiato - di uno dei fondato-
ri locali del Ku Klux Klan), dove 50 anni fa la polizia
dell'Alabama massacrò una piccola folla pacifica che
chiedeva per i neri il diritto al voto.  Il presidente ha
invitato a non smettere di marciare ("Selma is now!")
e  ha avuto  parole ispirate  sulla storia  del proprio
paese: "Noi siamo gli schiavi che hanno costruito la
Casa Bianca, gli operai  che hanno posto  i binari e 
scioperato per il loro diritti, i messicani che hanno 
guadato il Rio Grande...".
Obama parlava  da un luogo  anonimo e tragico, ma
si sentiva a suo agio; e forse per questo trasmetteva
un'epica, una musica, l'odissea. Il viaggio di Obama
mi viene utile per introdurre un libro notevole e ori-
ginale.  Si chiama  In America, viaggio senza John,
scritto dal giornalista-storico olandese Geert Mak, 
pubblicato in Italia da Ponte alle Grazie per la tra-
duzione di Franco Paris.  Il "John", di cui l'autore
sente la mancanza, è John Steinbeck, che nel 1960,
all'età di 58 anni si attrezzò un camper (cui diede 
il nome di "Ronzinante", come  il cavallo  di Don 
Chisciotte) e partì per un viaggio nel suo paese con
il barboncino nero Charley, che rispondeva al suo
padrone solo se questi gli parlava in francese. 
Steinbeck guidò Ronzinante dall'est all'ovest e tornò
verso New York attraverso il Texas e il profondo sud
del paese. Era fornito di fucile, di una scorta di vive-
ri e liquori, di matite e di un taccuino e si lavava po-
co; si fermò in grandi città  e  centri sperduti, attac-
candottone con chiunque, andando a pescare con
chi incontrava nei bar.   Ne uscì  una road novel, In
viaggio con Charley, che, insieme a Pian della Tor-
tilla, Uomini e Topi, Furore, gli fece ottenere  due 
anni dopo, il Nobel.
Geert Mak, che per Steinbeck nutre una sorta di
venerazione, è un giornalista di Amsterdam bato
appena dopo la guerra, con una lunga carriera di
impegno progressista ed è l'autore del bestseller
In Europa, biografia del vecchio continente a par-
tire dalle macerie del 1945.  Cinquant'anni dopo,
Mak si è rimesso in viaggio, senza camper e senza
cane, ma comunque calcando le stesse s-trade per-
corse da John, per dare conto di quel mondo e di
quello nuovo. In America, nel suo andirivieni tra
l'oggi e il passato prossimo, rinuncia all'originali-
tà narrativa, per scavare piuttosto nelle arti del re- 
portage sociologico, fino a diventare un inaspetta-
to compagno di viaggio  e insieme un bignami di 
storia contemporanea. - Il piacere del libro sta nella 
percezione del tempo che trasmette. La scena si svol-
ge in un anno, il 1960,  e  in un  grande paese, allora
per buona parte  sconosciuto  ai suoi stessi abitanti.
soli 15 anni  dalla sanguinosa vittoria  su Germania,
Italia  e  Giappone, l'America, da esperimento sociale
fascinoso ma incerto, è diventata un paese ricco, smo-
datamente consumista e allegramente imperialista,  
John Steinbeck, che aveva cantato un altro mondo - 
i contadini in fuga dall' Oklahoma alla California, i
braccianti messicani, i pescatori di sardine di Monte-
rey, gli impauriti soldati in Europa - ora osserva stu-
pito la nascita di nuove città dalle case prefabbricate -
i "suburbs" - le vendite a rate, la televisione, la pub-
blicità delle sigarette, la ricchezza diffusa, il cambia-
mento dell'alimentazione,  "le sequoie che rendono 
gli uomini nervosi". Un paese mon più isolato e so-
brio ma che prende l'aereo per una coa nuova chia-
mata week-end e confonde i lavoratori con i turisti.
L'autore  torna stupito  nella sua Monterey: "una
volta qui eravamo tutti poveri"; scopre che il popo-
lo è più difficile da trovare, sommerso da una scon-
finata middle class.

Il 1960 del viaggio di Steinbeck serve a Geert Mak
come un anno spartiacque della storia. Il vecchio
Nixon contro il giovane Kennedy (e dire che tra i
due c'erano solo 4 anni di differenz), la paura dei
conservatori: "saremo governati dal Papa di Ro-
ma?", la forza imprevista della televisione che ri-
definisce la democrazia, la scoperta delle oscure
grandi macchine elettorali.  La modernità: solo
60 anni prima, annota Mak, l'America  aveva eletto
presidente  Theodore Roosevelt, che  si vantava  di
aver ucciso, nella guerra di Cuba uno spagnolo con
le mani nude, come un coniglio". Il 1960 è un anno
felice che precede  di soli due anni  la crisi atomica 
di Cuba, di tre  l'uccisione spettacolare  del presi-
dente, di quattro  la rivolta  dei ghetti neri, di sei
l'epocale  disastro del Vietnam,, di quattro la na-
scita del femminismo. Se gli appunti di Steinbeck
prendevano le misure del cambiamento del "ca-
rattere americano", Mak è efficace nel dare  le
coordinate di una grande trasformazione sociale,
e della velocità con cui questa è avvenuta.  
Nelle 600 pagine del libro, spiccan, per la forza
narrativa di allora e del presente, le descrizioni
di Chicago, di detroit e di New Orleans. Se la sua
amata San Francisco apparve a Steinbeck immo-
bile e fascinosa "come il dipinto di una città me-
dievale italiana". la capitale dell'Illinois gli fece
invece paura: la metropoli popolata dai neri, me
ta finale  di una biblica emigrazione  (per Mak,
Chicago è la spiegazione del fenomeno Obama);
Detroit, la capitale dell'automobile, del lavoro
meccanico, dell'acciaio e del socialismo america-
no, nel 1960 si presentava come "un luogo dalle 
fiabesche dimensioni"; nel 2010 Mak camminò
in mezzo a "una favolosa rovina", un'astronave
abbandonata, preda di violenza, senza legge, do-
ve una casa intera  si poteva comprare  a mille
dollari eppure rimaneva invenduta. E infine New
Orleans, dove Steinbeck assistette a una violenta
manifestazione  di donne bianche  contro la pre-
senza di una bambina nera in una scuola elemen-
tare.   (L'autore aveva appuntato, in una pagina
intera, tutti i più terribili insulti  lanciati  contro
quella bambina; l'editor tagliò tutto, perchè "troppo
orte"; l'autore scrollò le spalle:  "fate pure, ma fate
male, perchè tagliate la verità"); è la stessa città do-
ve l'uragano Katrina nel 2005 dimostrò quanto raz-
zista fosse ancora l'America e quanto New Orleans
fosse vicina alla Selma del 1965 e di oggi.

Continua... to be continued...

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