sabato 14 giugno 2014

Fotografia - Giles Duley e i profughi, soprattutto bambini, della Siria

14 giugno 2014                                                          visione post - 28

Duley:  'Così dico no alla guerra'
Quei bimbi in bianco e nero in fuga dal dramma Siria

Gli scatti di Giles Duley nel campo
profughi di Za'atari, in Giordania.
E a tre anni dal conflitto l'appello
di 'Save The Children'.

(da la Repubblica - 10/03/2014 -  Alessandra Baduel)
"Sono persone. Bambini, madri, padri, famiglie.
Chiamarli 'rifugiati' è quasi una difesa, per noi, 
mette una distanza. Nelle mie foto ho cercato di
abolirla: di mostrare la similitudine che c'è  fra
loro, costretti a vivere in un accampamento nel
deserto, lontani da una casa dove c'è la guerra,
e noi. Come ci sentiremmo, noi, al loro posto?".
Giles Duley è stato nel campo profughi di Za'
atari, nel deserto giordano vicino ai confini si-
riani, due settimane fa. Sabato prossimo (15 marzo
'14, ndr) saranno tre anni  dall'inizio  delle di-
mostrazioni in Siria, presto contrastate con l'e-
sercito  e  sfociate in guerra civile, ed è  con le
fotografie di Duley che Save The Children, ope-
rativa nel campo fin dalla sua nascita nel luglio
del 2012 con aiuti umanitari  e soprattutto edu-
cativi per bambini e ragazzi, ha voluto segnare 
la data: tre anni di guerra e, solo a Za'atari, 450
siriani in fuga che arrivano ogni giorno.  Metà
dei 100mila che vivono in camper e tende messi
in fila in mezzo al nulla hanno meno di 18 an-
ni e ben 26mila non arrivano ad averne cinque.
Almeno 700 sono nati lì, in quella che al momento
è la quinta città giordana per numero di abitanti.
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Didascalia: Manal 30 anni, Amjad 1 -  /credit: foto Giles Duley per Save The Children / 


A. Baduel  -  'La sua impressione vivendo con loro nel campo?'.
G. Duley  -  "Che si tratta di persone normali, 
appunto, che cercano il più possibile di fare la 
vita  di tutti i giorni, parlando  con i vicini  del 
tempo, o dei ragazzi che sfuggono al controllo
e che vanno in giro con gli amici. Cose sempli-
ci, a dispetto del fatto che devono occuparsi di
come  procurarsi  cibo migliore, o i soldi per il 
gas che purtroppo va pagato, o di stare attenti 
a non sprecare l'acqua delle taniche. Si tratta
di organizzare l'intera famiglia e le sue esigen-
ze in una piccola tenda, ma loro cercano sempre 
lo spazio per la normalità".
A. Baduel  -  'Nel suo lavoro lei ha visto parecchi
altri campi profughi. C'è qualcosa che distingue
Za'atari?".
G. Duley  -  "Si tratta di persone di classe media,
non di poveri. Sono gente che fino a ieri era abi-
tuata  a una società  avanzata, per esempio con
una migliore  assistenza sanitaria  di quella che
trovano in Giordania: molte madri si lamentano
di questo.   Molti sono avvocati, medici, profes-
sionisti.  Di colpo si ritrovano in tenda, senza il
gas per scaldarsi e con molta paura addosso.
Certo sono anche gente forte, che non si scoraggia, 
Sperano nella pace e pensano a quando torneranno
in Siria.
Bayan, 19 anni, Mariam 18 mesi - /credit: foto Giles Duley per Save The Children /

A. Baduel  -  'I bambini, come li ha trovati?'
G. Duley  -  "Giocano, si divertono, vanno a scuola
con entusiasmo, ma stanno attenti  a tutto: sanno be-
ne cosa succede, hanno perso  amici e compagni  di
studi che non sanno se rivedranno.  Certo al campo
le scuole non sono ancora sufficienti per tutti, ma si
fanno i turni. E quella credo sia la cosa più importan-
te da garantire. Il rischio è che questa guerra produ-
ca un'intera generazione perduta. E' stato già detto, 
ma vale la pena ripeterlo: va evitato a tutti i costi.
A. Baduel  -  'Lei ha perso le gambe e un braccio per
colpa di un ordigno esploso  sotto i suoi piedi, in Af-
ghanistan, mentre faceva il suo lavoro. Ma ha deci-
so di continuare'.
G. Duley  -  "La prima cosa che ho pensato, ripren-
dendo conoscenza, è stata: 'Ho la mano destra, ho 
gli occhi, posso farcela: resto un fotografo'.   Sono 
anni che ho scelto di fare il narratore delle persone,
soprattutto degli esseri umani  che vivono condizio-
ni critiche, cercando i punti di contatto, le similitudi-
ni con noi che guardiamo. Adesso, le mie nuove con-
dizioni fisiche mi permettono di avere una maggiore
empatia con i miei soggetti.    Io da ferito  volevo  la
mia vita indietro, loro vogliono la stessa cosa".
A. Baduel  -  'La sua foto preferita, fra quelle scattate
a Za'atari?'
G. Duley  -  "Il padre che carezza la sua bambina.
E' universale. potrebbe essere ovunque".
A. Baduel  -  'Quel che l'ha più colpita , dei siriani che 
vivono lì?".
G. Duley  -  "La forza d'animo. Sono persone positive,
non si lasciano andare: fanno progetti".
Dina, 38 anni e suo figlio Ryan, 2

Lucianone
G

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