martedì 23 aprile 2013

CINEMA / cultura - Margarethe Von Trotta e il suo film "Hannah Arendt"

La regista tedesca Von Trotta:
'con questo film sulla filosofa
Hannah Arendt il mio omaggio
alla Germania migliore'
Il film sull'autrice  del celebre libro "La banalità del
male" è interpretato da Barbara Sukowa, e racconta
la partecipazione della Arendt al processo ad Adolf
Eichmann.

(da la Repubblica - 30/01/2013 - Andrea Tarquini
da Berlino)
Con Wim Wenders, Werner Herzog, Margarethe Von
Trotta e tanti altri il grande cinema tedesco ci stupì e ci
incantò  dagli  anni Sessanta  a prima  della caduta  del
Muro. Ora il film made in Germany torna a una sfida im-
portante con  Margarethe Von Trotta  e il suo  Hannah
Arendt (in uscita in Germania).
 Il film è  dedicato  alla grande filosofa, storica e scrittrice
tedesca  emigrata  negli States, ma  non  racconta  tutta
la sua biografia, bensì  un  momento  decisivo  della sua
carriera. Quello in cui Hannah Arendt fu testimone e cro-
nista d'eccezione a Gerusalemme, al processo per crimi-
ni contro l'umanità  ad Adolf Eichmann, l'ingegnere del-
l'Olocausto. Lei che studiò a fondo la genesi di ogni to-
talitarismo, e provocò e irritò la sinistra comparando il
nazionalsocialismo al socialismo reale staliniano, allora
fece ancora un altro balzo in avanti: raccontò e poi de-
scrisse in un celebre libro la "banalità del male".
"Molta gente  a sinistra  allora la schivò, la evitò, per-
chè lei  pronunciò  verità scomode, già nel 1951 nel
suo libro  sul totalitarismo  paragonò  i crmini nazisti
con quelli del comunismo sovietico e anoi di sinistra
ciò suonava sospetto", dice Margarethe Von Trotta
nella recente, bellissima intervista a due voci che ha
concesso a Marie Luise Knott e Christiane Peitz del
quotidiano liberal berlinese Der Tagesspiegel, insie-
me a Barbara Sukowa, l'attrice tedesco-americana
di origini polacche.     "Ancora oggi", continua Von
Trotta, "ci sono persone  che rifiutano il pensiero di
Hannah Arendt perchè analizzò entrambi i totalitari-
smi".

       Margarethe von Trotta

Il processo ad Adolf Eichmann, ricordiamolo, fu uno
dei più grandi eventi mediatici del dopoguerra. L'in-
gegnere che eseguì con precisione industriale assolu-
ta l'ordine hitleriano della "soluzione finale del proble-
ma ebraico" , si era nascosto in Argentina. Nel 1960
un  commando  dell'intelligence  israeliano, giunto  a
Buenos Aires con falsi contratti da tecnici edili a bor-
do di un DC4 con falsa matricola civile, lo sequestrò
e lo portò in Israele.   Al processo, le cui riprese re-
stano memorabili (e in alcune parti compaiono anche
nel film della Von Trotta), Eichmann ammise, da fred.
do ingegnere privo d'emozioni, ogni colpa descriven-
do qualsiasi minimo dettaglio, da come dovevano fun-
zionare i forni  alla quantità  di gas Zyklone-B  usata
ogni volta. Fu condannato a morte e impiccato.
Hannah Arendt scrisse per i media americani il grande
resoconto del processo e ora il cinema riporta agli oc-
chi delle giovani generazioni tedesche quella memoria
terribile che per fortuna viene insegnata loro ogni gior-
no a scuola.   Un ruolo difficile da interpretare per la
protagonista del film. "Se devo affrontare una parte",
dice Barbara Sukowa, "non mi pongo troppe doman-
de, ma ho letto il copione senza sapere molto di Han-
nah  Arendt, poi  informandomi  mi  sono  stupita  di
quanto tempo dedicava al teatro, ai concerti, agli ami-
ci". Piccola difficoltà: Barbara Sukowa non fumatrice
ha dovuto imparare ad avere una sigaretta in mano a
ogni scena, perchè  "Hannah Arendt  senza sigaretta
non è realistica".



Margarethe Von Trotta ha studiato a lungo ogni
dettaglio di Hannah Arendt, ogni video o filmato
disponibile su di lei o su sue interviste.   "La sua
intervista alla tv pubblica con Guenter Gaus",
racconta la regista "mi colpì  sulle prime  per la
sua apparente arroganza, ma poi capii che quello
era anche il suo charme, tra sorrisi e senso dell'u-
morismo".
Il film sulla Arendt si inserisce in una ideale trilogia
cinematografica che Von Trotta ha dedicato ad al.
trettante figure femminili decisive nella storia tede-
sca, tutte peraltro interpretate da Barbara Sukova:
da Rosa Luxemburg nel film del 1986 alla mistica
Hildegard von Bingen in "Vision" del 2009. La re-
gista spiega  di  aver studiato  a lungo  la storia di
Hannah, prima di  decidere  la  prospettiva  dalla
quale raccontarla. "Non mi convinceva fare un film
generico sulla sua fuga in Francia dal nazismo, sul-
la prigionia nel Lager, sull'esilio in America.Voleva-
mo dedicare la pellicola al suo pensiero, per far ri-
flettere gli spettatori,  come se  il film  fosse tratto
dai suoi appunti,  per questo ci siamo concentrati
sulla sua resa dei conti  con la storia, al processo
contro Adolf Eichmann; come ogni eroe positivo,
anche Hannah Arendt ha bisogno nella narrazione
filmica di un antieroe".
Il film è preciso in ogni particolare, notano Von
Trotta e Barbara Sukowa.   Dai momenti in cui
l'allora direttore del New Yorker, Wilian Shawn,
aspettava nervoso il testo del reportage di Han-
nah sul processo ad Eichmann divorando le ma-
tite , fino ai dettagli più minuti: "Hannah Arendt
non era una donna grigia vestita di grigio come
molti la ricordano" nota Barbara Sukowa, "usa-
va sempre il rossetto, e indossava una collana
di perle  o  un braccialetto prezioso, e vestiva
sempre con gonna e pullover, non amava i jeans"..




Lucianone

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