molto ben protetto
Dopo essere stata trattata per quasi due anni come un
segreto industriale da tenere nascosto a tutti, per Amy
Winehouse è venuto ora il momento del 'o la va o la
spacca'. Simon Fuller e i Lewinson Brothers sono molto
ammanicati con le principali etichette discografiche e, a
loro parere, la loro protetta è più che pronta al gran salto.
Anzi, di più: "Il signor Fuller mi disse che Amy era così
brava che molto presto gliel'avrebbero strappata dalle
mani", racconta Alex Winehouse, il fratello più grande di
Amy, che in quel periodo aveva intrapreso la sua carriera
di drammaturgo e di regista teatrale ed era molto preoccu-
pato per la sorella, "non mi sembrava che stesse azzardan-
do una previsione. Era così sicuro da farmi pensare che a-
vesse già più di un asso nella manica".
Difficile sapere se fosse davvero così o se quello del-
l'agente fosse solo un giudizio lusinghiero dettato da
anni ed anni di esperienza. Fatto sta, che per Amy
arrivò presto la svolta determinante per la sua carrie-
ra. - A raccontarla, un anno dopo, fu quello stesso
Darcus Breese, suo futuro personal manager per con-
to della Island/Universal, l'etichetta major che la mise
sotto contratto: "Spesso parlavo al telefono con i miei
amici della Lewinson", spiega, "e un giorno mi disse-
ro di passare da loro che avevano qualcosa da farmi
sentire. Stavano lavorando su un pò di artisti e deside-
ravano che io dessi un'ascoltata ai loro pezzi. Andai
da loro e mi misi le cuffie. Subito mi fecero ascoltare
un paio di pezzi pop e un gruppo rock. Niente di ecce-
zionale. Era strano, perchè quelli erano manager seri,
che difficilmente mi facevano andare da loro se non
pensavano di avere un asso nella manica. E di assi
tra quelli che avevo ascoltato ce n'erano ben pochi.
Stavo per andarmene quando, come per caso, mi
chisesero di ascoltare ancora un paio di pezzi di una
cantante jazz-soul che avevano sotto contratto. Era
incredibile. Quando gli chiesi chi era, loro fecero i
vaghi. Non riuscii a farmi dare il nome neppure pre-
gandoli in ginocchio. Dissero che era una ragazza
molto giovane di cui stavano registrando alcuni
pezzi. E che a tempo debito mi avrebbero detto tutto
e organizzato il provino". - Nella Londra dell'under-
ground la prudenza non era mai troppa, Breese lo
sapeva bene. Se si fosse sparsa la voce in giro che
c'era una cantante così, con tutto quel talento, lei
sarebbe stata sommersa di richieste, proposte, illu-
sioni. Alcune serie, alcune no. Avrebbe avuto una
fila di cialtroni alla sua porta pronti a offrirle di tut-
to un pò pur di convincerla a cambiare manager e
a mettersi con loro. E i Lewinson Brothers non era-
no tipi da farsi soffiare dalle mani la gallina dalle
uova d'oro.
Ma neppure Breese era un tipo alle prime
armi: "Feci un pò di telefonate in giro", spiega,"e presto venni a sapere un nome, Amy Wine-
house. Era davvero lei la padrona della voce
che avevo ascoltato?". Una volta avuta l'infor-
mazione ci mise due settimane per convincere
Simon Fuller a far firmare la sua protetta con
la Universal, la casa discografica che lui rap-
presentava. Si trattava solo di un pre-contrat-
to: Amy avrebbe inciso alcuni pezzi, poi lui ne
avrebbe parlato ai piani alti e, in caso di rispo-
sta positiva, le avrebbe fatto incidere il suo
primo cd. In realtà, i Lewinson Brothers ave-
vano ricevuto anche una proposta dalla eti-
chetta concorrente EMI per cui stavano già
mettendo a punto un 'demo tape'.
Ma la proposta di Breese era decisamente
più accattivante, anche perchè avrebbe per-
messo a Amy di crescere ulteriormente. E
soprattutto perchè garantiva all'artista di
mantenere il suo stile musicale senza i con-
dizionamenti da classifica. - Un ulteriore
punto a suo favore fu il nome del produttore
a cui aveva deciso di abbinare la nuova entra-
ta in casa Universal: Salaam Remi aveva già
lavorato con Toni Braxton, Nelly Furtado,
The Fugees, Nas e Fergie. Secondo Fuller
era il tipo giusto per lavorare con Amy anche
perchè era uno che sapeva ottenere il meglio
dagli artisti che gli venivano sottoposti. Nel
giro di un mese la ragazza entra in studio,
con una band tutta sua, in rampa di lancio per
il mondo delle stelle a sette note.
Francamente... Frank
Amy è francamente entusiasta. Scrive a gettocontinuo nuovi pezzi, canta, attangia. Non si
perde un passaggio. Con Remi lega subito,
anche se lui la costringe a restare sobria e
ben presente a se stessa. Sono entrami am-
biziosi, decisi a usare al meglio quell'occasio-
ne unica. Il produttore è convinto di avre tra
le mani una voce straordinaria e sa come pla-
smarla per farla rendere al massimo. Presto
i primi pezzi sono pronti e Breese decide di
presentare Amy al suo boss, Nick Gatfield,
che è quello che deve decidere se stanziare
o no i soldi del suo album d'esordio. Quando
entra nell'ufficio del suo superiore, il perso-
nal manager della giovane cantante non ha
alcun dubbio sulla riuscita della sua missione.
E ha ragione, perchè anche Gatfield capisce subito di
avere tra le mani un'autentica bomba pronta ad esplo-
dere e dà subito il suo assenso al progetto di un primo
disco: "Non ho pensato neppure per un attimo che po-
tesse dirmi di no", spiega ora Darcus Breese, "con
Amy si era creata quella miscela esplosiva che chi fa
musica ben conosce. Quella che ti fa muovere a ritmo,
che lega l'anima dell'artista a quella di chi lavora
con lui. Gli ingredienti per il successo c'erano tutti.
C'era una sorta di eccitazione nell'aria. Sapevo che
Amy da un lato era un rischio: era una cantante ati-
pica, legata a generi come il soul e il jazz che non
hanno un grandissimo pubblico, soprattutto in In-
ghilterra. Ma lei era perfetta: aveva un gran look,
una grande presenza scenica, grandi canzoni e una
voce incredibile. Cosa poteva servirle di più per sal-
pare le ancore? Forse un pò di fortuna. Ma io sono
sempre stato un tipo fortunato".
Da parte sua Amy non andrebbe neppure a dormire
tanto è felice ed entusiasta. E anche Remi sembra
convinto che quella adolescente tutta pelle ossa e
tatuaggi, abbia le carte in regola per sfondare.
Per prima cosa passa in rassegna i pezzi scritti
dalla ragazza, ma li scarta tutti tenendo solo la
bella 'I Heard Love is Blind' che sembra avere
una marcia in più rispetto alle altre. Insieme
decidono di riscrivere il resto dell'album da ca-
po: è un lavoro lungo e non semplice, ma men-
tre nascono piccoli capolavori come Stronger
Than Me, Take the Box, In My Bed, You Sent
Me Flying, Pumps e Help Yourself, l'entusia-
smo fa sì che non si senta la fatica.
Continua... to be continued...
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